giovedì 15 agosto 2019

venerdì 22 dicembre 2017

Serie B 1964-65. La scalata di Stefano Raise

Nella vignetta pubblicata sulla Gazzetta del  Sud il 6 dicembre 1964 il capitano del Catanzaro esulta in vetta per  la vittoria contro la Triestina del 29 novembre (11^ giornata). Tuttavia fino al termine del campionato i giallorossi allenati da Leandro Remondini riusciranno a conquistare solo l’ottavo posto in classifica.


GAZZETTA  DEL  SUD
Piero  Zagami    Capo servizi sportivi

martedì 5 dicembre 2017

sabato 2 dicembre 2017

"IL VICOLO"

L’amico Antonio Luciano, che sarebbe diventato  direttore della Ragioneria Provinciale dello Stato di Salerno, nei  primi anni ’60 abitava a pochi passi dalla casa di Alfonso Gatto in fondo al vicolo delle Galesse e, tra un concorso e l’altro, scriveva poesie che pubblicava sul salernitano “L’Eco del Popolo” di Eduardo Galdieri.

Nel 1967 raccolse i suoi versi in un libricino, “IL VICOLO”, con prefazione di Antonio Uliano, e volentieri gli preparai, tra gli altri, i disegnini qui riprodotti.

'A miciolla



'E  stelle fann' 'o mare scintillà

lunedì 1 maggio 2017

CON DON SABINO



( testo da  La Cala delle Lampare )
Il professor Sabino Rinaldi, simpaticissimo genio del male nel girone dei comizianti, nacque nel 1947 in provincia di Salerno a Giffoni Valle Piana, visse in un palazzo ottocentesco e lavorò per tanti anni sia come nefrologo al Policlinico di Napoli che come ricercatore alla Seconda Università Partenopea. È stato un personaggio straordinario, famoso e conosciuto nella nostra provincia perché ha saputo mettere insieme la serietà nei momenti di lavoro da una parte e da un’altra parte il carattere divertente del quale era orgoglioso e che lo portava spesso a fare il mercenario nei comizi politici. Difatti, siccome era avaro, si diceva che durante le campagne elettorali, sia se era candidato e sia se parlava dal palco in favore o contro qualcuno, approfittava sempre di una piazza allestita e pagata da un altro candidato, e se qualcuno si rifiutava di mettergliela a disposizione gratuitamente, sapeva già di dover sopportare sberleffi e considerazioni poco simpatiche. Con orgoglio amava definirsi il Caronte dell’Inferno politico salernitano, il fustigator cortese dei masnadieri, il principe della politica-spettacolo e spesso, nei periodi in cui c’era il Festival cinematografico di Giffoni, la sera in piazza al tavolo di un bar incontrava Giulio Andreotti piuttosto che De Sica o Nancy Brilli, e diceva sottovoce: “Io sono un comiziante su commissione, un killer politico e faccio fuori candidati di ogni partito, riesco addirittura a satanizzarli, a demonizzarli, a distruggerli, e se qualcuno mi da un assegno, gli porterò la testa del suo avversario politico, ed il partito non importava, quello che contava era che l’assegno doveva essere coperto. In pratica, un vero professionista della politica! Riusciva nei suoi comizi a spogliare la politica dalle ideologie, parlava tanto, assaltava addirittura l’antagonista e lo riempiva di maldicenze, sembrava in pratica un personaggio pirandelliano, metà attore e metà untore, un sarcastico comiziante al di fuori della mischia. Nel corso di ogni campagna elettorale, si aspettavano con ansia i suoi comizi e, quando il momento arrivava, saliva sul palco vestito in maniera elegante e stravagante, con il frac ed il cappello a cilindro, i guanti bianchi, la sciarpa di seta ed il bastone d’argento. Incominciava subito a strillare e a chiamare gli avversari plebe, teppaglia, masnadieri e continuava ad offendere in maniera sempre simpatica, e la gente lo applaudiva sempre di più, in pratica diventavano comizi-show di don Sabino in antitesi con quelli spesso disgustosi dei politici. A volte strillava dicendo: Popolo, stasera io sarò Caligola, l’imperatore romano dall’animalità divorante e voi sarete le belve feroci alle quali darò in pasto le mie vittime! Dal suo vocione venivano fuori parole piccanti, battute in latino e simpatiche rime in versi zoppi. Don Sabino citava a memoria Catullo ed il Marchese de Sade, mescolava con maestria la retorica dei classici ed il pettegolezzo dei contemporanei, intrecciava con tanta malizia la politica col sesso. A volte si definiva il conte Ugolino, altre volte si spacciava per Gerolamo Savonarola, una sera faceva il moralista e la sera dopo in un comizio raccontava storie piccanti, racconti di belle signore che cambiavano partito insieme all’amante segreto e aneddoti di ministri che andavano in giro nei locali notturni scambiando per nobildonne le prostitute dei quartieri spagnoli. Ad un certo punto di un comizio arrivava al dunque e rovesciava sulla malcapitata vittima di turno fango, insulti e sberleffi, concludeva poi con la formula rituale: stasera come Caronte ti batto con il remo mentre ti adagio nell’inferno: Papé Satan, Papé Satan, Papé Satan aleppe! Simpaticamente, visto che amava definirsi un professionista della politica, aveva anche un tariffario ben preciso, un comizio alle elezioni comunali di Giffoni valeva un paio di milioni, un discorso a Salerno per le politiche costava più o meno 5 milioni e la tariffa saliva se doveva fare una campagna denigratoria nell’intera provincia. Queste cifre don Sabino le accettava anche in natura e sembra che in occasione di una campagna elettorale un industriale pastaio salernitano lo ricompensò con una fornitura vitalizia di rigatoni, spaghetti e pennette. E alle comunali di Eboli il suo appoggio ad un candidato sindaco fu pagato con una abbondante quantità di mozzarelle di bufala, credito che lui incassò a rate da circa 3 chili per volta. Non diceva poi mai i nomi di chi gli commissionava un comizio, non li diceva mai perché un killer che si rispetta non rivela mai chi è il mandante. Imperversava normalmente in tutto il territorio salernitano anche se preferiva piazza Portanova a Salerno con uno splendido palco che gli pagava un altro uomo politico. Si candidò più volte con la Lega delle Leghe, con Democrazia Sociale e la Lista del Gallo e, nel 1983, si candidò seriamente convinto di diventare l’onorevole Rinaldi. Prese solo circa 2000 voti e comprese che era inutile insistere e fu per questo motivo che cambiò ruolo, passando da candidato dilettante a comiziante di professione per colpire ed affondare candidati di destra e di sinistra, al punto che un medico lo definì velenifero cobra, un deputato lo identificò come una vecchia baldracca della politica, un funzionario comunale lo apostrofò come satrapo e uccellatore ed un amministratore pubblico disse che era untorello di paese. Come anticipato, in pratica parlava a favore di chiunque pagasse e una volta, a Pontecagnano, fece prima un comizio contro un candidato sindaco, distruggendolo, poi la sera successiva un altro in cui ne parlò in maniera entusiastica. Si accorse che la gente si meravigliava, ma lui se ne fregava perché aveva in tasca il denaro di quel politico. Di quello che diceva la gente a lui non interessava granché al punto che, sfidando la superstizione, una volta fece stampare un libretto sponsorizzato dalla premiata ditta di trasporti funebri internazionali Bellomunno di Napoli. Ma cosa spinse un medico affermato e benestante, un colto professionista che all’Università di Napoli deteneva il record di 20 esami superati con 30 e lode consecutivi, un rispettato notabile di provincia al quale tutti invidiavano le citazioni a memoria di Cicerone, Orazio e Virgilio, ad indossare il frac ed il cappello a cilindro del killer da comizio? Nonostante le apparenze, non era certamente il denaro l’elemento principale che lo spingeva a comportarsi in quel modo, nonostante le apparenze. Ricordava sempre a chi si intratteneva a parlare con lui che la stagione d’oro era stata quella di Tangentopoli e che nel 1992 aveva guadagnato più di 50 milioni, anche se non aveva bisogno di quei soldi, lo faceva quindi per gusto, per la soddisfazione di veder apprezzata la sua arte oratoria, il suo genio satanico. Aveva come modello Pietro l’Aretino, che grazie ad una penna ed all’inchiostro seppe ricavare grandi guadagni, eppure il premio che questo artista del comizio su commissione ha incassato più volentieri non fu in moneta corrente, non fu un assegno e neppure un carico di latticini. Questo premio lo incassò nel 1992, un anno d’oro, quando un notabile del Partito Democratico di Sinistra gli commissionò una campagna contro un suo compagno di partito che voleva diventare onorevole. Tu portami la sua testa, gli disse, e avrai 5 notti in un albergo di via Veneto a Roma, con le cene pagate in ristoranti importanti ed una prostituta di grande valore per tutte le notti. Lui fece bene il suo lavoro, quello non venne eletto ed il notabile onorò la promessa, comportandosi fino in fondo come un vero signore. Ottimo medico ma anche lingua tagliente, Sabino Rinaldi si spense all’età di 64 anni, senza mai stare in politica nel suo paese al Comune che si vede nella foto in alto. Era molto conosciuto anche per alcuni programmi televisivi, l’ultimo in ordine di tempo che si ricorda aveva come titolo “I condannati” e lo trasmetteva un’emittente locale, un programma di grande presa sul pubblico per la scenografia e per gli argomenti trattati. Anche la RAI, in passato, si occupò di Don Sabino con uno speciale del Tg2, e le sue stravaganze, oltre alle sue scudisciate verbali, non passarono inosservate durante un comizio politico a Salerno di Bettino Craxi. Grande comunicatore sfoggiava un linguaggio forbito per mettere a nudo i tanti vizi e le poche virtù della politica locale e nazionale. Sabino Rinaldi, il Fustigator Cortese, l’Aretino Giffonese sarà ricordato soprattutto per i graffianti monologhi su varie emittenti televisive e anche per certi comizi in piazza “Puttanova”, come simpaticamente amava definire piazza Portanova, comizi per i quali non era difficile indovinare la committenza. Il dottor Rinaldi era, a modo suo, un grande comunicatore, un vero mattatore della politica spettacolo, padrone di un linguaggio forbito e di un velenoso sarcasmo grazie ai quali additava i tanti vizi dei personaggi politici sotto tiro. Morì il 7 maggio del 2011 a Giffoni Valle Piana e fu accompagnato affettuosamente da tantissima gente per il suo ultimo viaggio. Mi piace concludere la presentazione di questo straordinario personaggio chiarendo e confermando che prima di tutto è stato un ottimo professionista, poi un artista che ha lasciato un grande vuoto perché ha fatto trascorrere splendidi pomeriggi nelle piazze di Salerno e della provincia a chi, come me, spesso si è recato per ascoltarlo. È stato un personaggio di cui si avverte ancora l’assenza, prima di tutto come uomo per la sua saggezza, poi come oratore perché sarebbe stato bello ed interessante sentire cosa sarebbe stato capace di dire in un comizio ora, con i vecchi politici che ci troviamo ancora di fronte!

 
 
Sabino Rinaldi 
 Fotogafia di Arnaldo Amabile 
 

venerdì 31 marzo 2017

BENEDETTO CAPEZZONE PROVVEDITORE STUDI ANNI '70

 La scuola italiana  ha pagato certamente  per la mancanza di continuità ai vertici: ministri per brevi periodi non sono riusciti a concretizzare un percorso coerentemente costruttivo. Le eccezioni di durata: Guido Gonella dal 13 luglio 1946 al 19 luglio 1951  e Luigi Gui dal 21 febbraio 1962 al 28 giugno 1968.
Penalizzati maggiormente i provveditori agli studi costretti a decifrare sempre nuovi e contrastanti decreti, ordinanze e circolari ministeriali. Nel disegno, del 1979, il provveditore agli Studi di Salerno Benedetto Capezzone regge il "carico" di quattro ministri: Riccardo Misasi, Franco Maria Malfatti, Mario Pedini e Giovanni Spadolini.